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L’AMORE È IL CUORE DI TUTTE LE COSE

L’AMORE È IL CUORE
DI TUTTE LE COSE

da Vladimir Majakovskij

Scrittura scenica
Claudio Ascoli

con
Eleonora Angioletti
Francesco Gori
Matteo Pecorini

musiche originali Alessio Rinaldi

“Non dimenticarmi, perdio, io ti amo un milione di volte più di tutti gli altri presi insieme. Non m’interessa vedere nessuno, non ho voglia di parlare con nessuno all’infuori di te. Il giorno più bello della mia vita sarà quello del tuo arrivo. Amami, bambina. Abbi cura di te, cara, riposati, scrivi se hai bisogno di qualcosa. Ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio e ti bacio”. E’ questo l’urlo d’amore di Vladimir Majakovskij a Lilja Brik!

Lo spettacolo è un omaggio dei Chille de la balanza al Poeta dalla Blusa gialla nell’anno centenario di quella rivoluzione d’ottobre che ne accompagnò la breve e tormentata esistenza.

Nell’occasione, i Chille  ritornano ad uno dei vecchi, non assopiti amori cui dedicarono tante energie nei lontani anni napoletani, complici anche la lezione teorica di Angelo Maria Ripellino e l’amicizia con Giorgio Kraiski, custode di preziosi cimeli di Majakovskij e Mejer’hold.  E’ infatti del 1976 il primo incontro dei Chille con il Poeta, che dette luogo allo spettacolo “Un cane randagio” che inaugurò la storica Festa Nazionale de L’Unità di Napoli, con una messinscena che vide insieme il Nuovo teatro napoletano che di lì a pochi anni avrebbe invaso la scena nazionale: Neiwiller, Martone, Carpentieri, Servillo e appunto i Chille.

“L’amore è il cuore di tutte le cose”, scrittura scenica di Claudio Ascoli, indaga il rapporto che legò per quindici anni Majakovskij a Lili Brik, icona dell ‘Avanguardia russa del ‘900, e a suo marito, Osip. Un rapporto che si rivelò come il più spregiudicato e radicale «tentativo amoroso» mai compiuto da un poeta, o forse, più semplicemente, da un uomo. Majakovskij conobbe Lili il 7 maggio 1915 e non tardò a innamorarsene. Dalle circostanze sarebbe potuto nascere un banale triangolo amoroso o un borghese ménage a trois, ne nacque invece una vicenda di inedita, struggente intensità e purezza. Lili, pur ricambiando l’amore del poeta, non ingannò né abbandonò il marito; lei e Majakovskij lo coinvolsero nel fervore, intellettuale oltre che sentimentale, della loro passione. E Osip, da giurista e commerciante che era, divenne critico ed editore del rivale, e uno dei più brillanti animatori della vita letteraria russa nell’epoca d’oro dell’avanguardia futurista e formalista. Un amore tormentato, quello tra Majakovskij e la Brik,  che non si spense definitivamente neppure con il suicidio del Poeta nel 1930. Gli attori Matteo Pecorini (Majakovskij), Eleonora Angioletti (Lilja Brik) e Francesco Gori (Osip Brik) raccontano con parole, versi ed immagini lo strano incontro. Ascoli, avvalendosi anche delle musiche di Alessio Rinaldi e delle scene e costumi di Sissi Abbondanza, parte da diari, interviste, poesie per evidenziare i tanti punti in comune tra le loro esistenze (anche Lili morì suicida seppur in tarda età) ed il tormento delle loro esistenze vissute in anni che, dopo la Rivoluzione d’Ottobre, videro la nascita dello stalinismo. Ascoli mette al centro dello spettacolo i due mesi di separazione tra Volodia e Lili (dicembre 1922 – febbraio 1923), un distacco che non si ricompose più nella sua totalità e bellezza.  

Emozionanti le parole d’amore di Majakovskij (Per me nell’amore si esaurisce tutto. L’amore è la vita, è la cosa principale. Dall’amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L’amore è il cuore di tutte le cose), dure le riflessioni e le conclusioni di Lilja (Nei nostri rapporti domina l’abitudine: non ci manca niente, ce ne stiamo al calduccio, sorbiamo il thè e affoghiamo nella vita d’ogni giorno. Separiamoci), esemplare l’analisi di Osip sull’arte e sul teatro negli anni che seguirono la rivoluzione (La nuova teatralità si formerà non sulle scene delle vecchie cantine, ansiose di imitare i teatri “veri”, ma nelle nostre nuove cantine, prive di tradizioni accademiche. Qui non ci sono drammi, ci sono solo sceneggiature. Non isolati riferimenti all’attualità, ma un testo interamente attuale). 

Nello spettacolo dei Chille emergono così tre persone straordinarie, piene di amore, ricche di umanità e contraddizioni, desiderose di superare la quotidianità nella condivisione della creazione… mentre comunque affiorano gelosie, desiderio di coccole, necessità di centralità.

Ecco un breve trailer:

 

La compagnia Chille de la balanza e il progetto su
Majakovskij e la Rivoluzione russa

di Gabriella Elina Imposti
Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne Università di Bologna

Quando il 16 novembre di quest’anno (2017), Eleonora Angioletti e Matteo Pecorini, due attori della compagnia di Chille de la balanza hanno cominciato a recitare i versi di Majakovskij in un’aula gremita di studenti e docenti del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne dell’Università di Bologna, potevi quasi toccare con mano la concentrazione e la fascinazione del pubblico per la figura del grande poeta russo Vladimir Majakovskij e per la sua poesia. L’occasione era una giornata di studi dedicata al centenario della Rivoluzione d’Ottobre russa, I volti della Rivoluzione, l’obbiettivo era ricapitolare l’impatto di questo evento epocale sulle arti figurative, il teatro, la musica, la letteratura per bambini e il cinema. La performance dei due ottimi attori di Chille de la balanza ha costituito il momento conclusivo, e il più alto, della giornata, dedicato appunto alla parola poetica di autori, come Chlebnikov, Achmatova, Cvetaeva, Esenin e soprattutto Majakovskij, che hanno riflettuto in modi diversi sulla Rivoluzione. Claudio Ascoli, il regista e il motore della compagnia, ha anche gentilmente concesso di far degustare al pubblico bolognese un brano tratto dalla pièce “L’amore è il cuore di tutte le cose”, presentata in anteprima il 12 ottobre di quest’anno a Firenze nel Padiglione 16 dell’ex Manicomio di San Salvi.

Questa produzione si pone al termine di un percorso di ricerca della compagnia, durato un anno, sulla Rivoluzione russa e sulle sue figure più memorabili. Claudio Ascoli già in passato si era cimentato con un altro poeta russo di quell’epoca, Velimir Chlebnikov, producendo uno straordinario spettacolo, “Io Velimir Chlebnikov, Presidente del Globo Terrestre”, messo in scena in un cortile di San Salvi la notte del 28 agosto 2004.

Agli esordi della sua lunga carriera di attore e regista Claudio Ascoli era stato uno dei primi, dopo Carmelo Bene, a mettere in scena in Italia Majakovskij negli anni ’70: ricordiamo la mostra itinerante “Majakovskij a New York” a Napoli e la produzione della pièce di Majakovskij “Il bagno” per la Festa Nazionale de l’Unità di Napoli nel 1976.

Quest’anno Ascoli ha voluto partire innanzi tutto da una riflessione sulla parola poetica di “Majakovskij et ses amis”, proprio in occasione della Giornata internazionale della Poesia, il 21 marzo 2017, con una lettura, preceduta da una breve presentazione-tavola rotonda, di poesie di Majakovskij, Chlebnikov, Esenin e altri poeti, amici e contemporanei del “bellimbusto in blusa gialla”. Il pubblico seguiva affascinato e commosso la sequenza di poesie recitate, agite, cantate, a volte mormorate. Tra coloro che recitavano c’erano anche “dilettanti” che avevano seguito il laboratorio teatrale di Claudio Ascoli e giovani attori professionisti, come Matteo Pecorini, che aveva appena cominciato a lavorare sull’opera e sulla personalità di Majakovskij. Questa serata è stata certamente un ottimo modo per celebrare la Giornata della poesia, ma anche per dar forma alla prima “puntata” del progetto di Chille de la balanza su Majakovskij.

Qualche mese dopo, in giugno, Claudio Ascoli e la sua compagnia hanno messo in scena la “seconda puntata” del loro “romanzo d’amore” con la poesia russa. Si tratta di una pièce teatrale dal titolo “Majakovskij”, un lavoro assai complesso, scritto da Claudio Ascoli sulla base di una sapiente selezione di testi del poeta russo, diviso in 17 scene più un finale. È una narrazione costruita a ritroso, a partire dalla morte di Majakovskij, che si interroga sul senso della vita del Poeta, della sua opera, dei suoi amori, da Lili a Elly a Tatjana a Veronika. La scena è allestita su due palchi ai lati più corti del cortile di San Salvi, i personaggi si spostano da un palco all’altro passando in mezzo al pubblico seduto sui lati lunghi del cortile, nel buio della notte estiva. Majakovskij oscilla tra momenti di “impegno” politico, e anche di scontro con un pubblico che non capisce la sua poesia e mette in dubbio il suo impegno rivoluzionario, e momenti in cui insegue l’amore per una donna (quale che sia), ora a Mosca, ora a New York sul Ponte di Brooklin, a cui ha dedicato una poesia memorabile, ora a Parigi. Molto bella, e “filologicamente” fedele la ricostruzione della messa in scena di Mejerchol’d de “La cimice”, con lo stile di recitazione voluto dal grande regista e i costumi che riprendono le riproduzioni dell’epoca. Ritornano ossessivi come un ritornello i versi de “La nuvola in calzoni”, che costituiscono l’autoritratto poetico di Majakovskij e ne avevano decretato il successo di poeta e anche l’inizio del suo rapporto con Lili Brik:

Se volete,
sarò per la carne frenetico,
e, come il cielo mutando di tono,
se volete,
sarò inappuntabilmente tenero,
non un uomo, ma una nuvola in calzoni!

Al “triangolo”, non solo amoroso, ma anche intellettuale e artistico, di Osip Brik, Lili Brik e Vladimir Majakovskij è dedicata la terza “puntata” del progetto Majakovskij, dal titolo “L’amore è il cuore di tutte le cose”, tratto da un’espressione del poeta stesso e andato in scena il 12 ottobre. Sulla scena troviamo solo i tre protagonisti di questa lunga e sofferta, ma anche fruttuosa vicenda: Matteo Pecorini interpreta Majakovskij, con il quale si è oramai immedesimato totalmente tanto da assomigliargli sia nell’aspetto che nell’andatura dinoccolata e un po’ sbruffona. Eleonora Angioletti interpreta una Lili Brik rappresentata con grande duttilità interpretativa dapprima vecchia, con la stessa tecnica di narrazione a ristroso adottata nella pièce precedente, poi di nuovo giovane. Osip Brik è interpretato da Francesco Gori che ben rende il carattere “professorale” e un po’ sentenzioso del suo personaggio, a volte però scosso da impeti di passione. Ascoli ha composto il testo della pièce sulla base di diari, lettere, poesie, scritti teorici dei tre personaggi. L’azione parte proprio dal monologo della ormai anziana Lili che una dopo l’altra ingolla le pillole fatali che le daranno la morte e riflette sui due mesi di separazione da Volodja tra il dicembre 1922 e il febbraio 1923. Da lì si dipana una narrazione che si sofferma sull’incontro tra i due, i loro litigi, le teorie letterarie di Osip che interpretano cercano, inutilmente, di guidare l’opera del poeta verso una prassi più aderente ai dettami ideologici del partito. Molte le soluzioni sceniche poetiche e commoventi, come quella in cui i due dipingono assieme i cartelloni della ROSTA in cui poi si avviluppano in un amplesso amoroso. I pochi oggetti presenti in scena assumono infatti valenze semantiche e funzioni diverse e sempre sorprendenti; lo spettacolo è affascinante e lascia alla fine la voglia di tornare a leggere la poesia di Majakovskij, i diari, le lettere e le interviste di Lili, come pure gli scritti teorici di Osip Brik, a cui la sapiente scrittura scenica di Claudio Ascoli e la bella recitazione dei suoi attori hanno saputo rendere piena giustizia.