Compagnia teatrale Chille de la balanza
di e con Claudio Ascoli
con la partecipazione di Sissi Abbondanza

“C’era una volta…il manicomio” è una chiacchierata-affabulazione di e con Claudio Ascoli e con la partecipazione di Sissi Abbondanza. Lo spettacolo, nato nel lontano 1999, ha superato 600 repliche con oltre 60.000 spettatori e vanta il riconoscimento di Unesco e Consiglio d’Europa come Passeggiata patrimoniale.
CONVENZIONE DI FARO
Comunità di eredità – Le Passeggiate Patrimoniali
Articolo 2 – CONVENZIONE DI FARO (Portogallo) 27/10/2005
Ai fini della presente Convenzione, un patrimonio culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato in cui la gente si identifica, in modo indipendente dalla proprietà, come riflesso ed espressione della loro costante evoluzione dei valori, credenze, conoscenze e tradizioni. Include tutti gli aspetti dell’ambiente risultante dall’interazione tra le persone e i luoghi attraverso il tempo;
La comunità dei beni è composta da persone che apprezzano aspetti specifici del patrimonio culturale che essi desiderano, nel quadro dell’azione pubblica, per sostenere e trasmettere alle generazioni future.
La Passeggiata Patrimoniale ha come obiettivo principale la promozione della consapevolezza tra i cittadini, intesi come soggetti culturali, della loro interazione con il patrimonio culturale in cui vivono e lavorano ed in particolare, del beneficio che deriva dal vivere immersi in questo “patrimonio”, tanto per la sua portata storica, quanto per le attività attuali. Durante la passeggiata sia i partecipanti che gli organizzatori agiscono tanto come residenti quanto come testimoni dell’uso attuale del patrimonio culturale, e delle sue possibili trasformazioni future. Una passeggiata patrimoniale si distingue dalla più nota visita guidata per i seguenti motivi:
- È concepita e pianificata da o per cittadini che indipendentemente dalle loro professioni agiscono come comunità patrimoniale.
- Si basano sull’individuazione di un tema significativo che funzioni come filo conduttore unificante per luoghi e persone.
- A differenza delle visita guidate una passeggiata patrimoniale è centrata sull’incontro con testimoni, cioè con persone che portano una memoria viva con i luoghi, ne raccontano la loro esperienza diretta i significati che hanno per loro e le loro aspettative.
- Il tema è culturale in senso ampio, e coinvolge luoghi non direttamente interessati dal consueto turismo di massa.
- Consente preferibilmente la visita di luoghi privati, o comunque abitualmente non aperti al pubblico, con o senza il consenso dei proprietari che spesso agiscono anche come testimoni.
- Le passeggiate sono generalmente progettate e realizzate come forma di attività culturale di pubblico interesse.
La passeggiata patrimoniale è uno strumento che interpreta in senso pieno il concetto di diritto al patrimonio culturale: la comunità patrimoniale la usa per testimoniare la propria appartenenza al territorio in cui abita e i visitatori, attraverso di essa, possono arricchire la propria conoscenza e capacità di interpretazione delle dimensioni storiche, sociali e culturali del territorio, delle città e dei quartieri.
Da San Salvi è partito un viaggio
Dal 2016 “C’era una volta…il manicomio” gira in lungo e largo tra gli ex-manicomi italiani (ben 17, tra cui Firenze, Trieste, Gorizia, Udine, Volterra, L’Aquila, Aversa, Napoli, Reggio Emilia, Quarto-Genova, Fermo), in edizioni sempre riferite alle singole realtà e situazioni; è stata anche proposta in teatri, soprattutto in riferimento ad un pubblico di giovani: ultimi anni delle Scuole superiori, Università.
Nel 2015 lo spettacolo è stato al centro del progetto “Case matte” di Teatro Periferico che ha vinto il premio di “Rete critica” come miglior progetto teatrale dell’anno.
“C’era una volta…il manicomio” ha l’obiettivo di far riflettere…sorridendo e di recuperare una memoria viva di quella che fu la rivoluzione di Franco Basaglia e della sua équipe che portò alla definitiva chiusura dei manicomi, e soprattutto di confrontarla con l’oggi e i suoi problemi.

Lo spettacolo prevede una prima parte nella quale, tra l’altro, sono presentati materiali visivi su cos’erano un tempo i manicomi e tra essi un trailer del reportage storico di Sergio Zavoli “I giardini di Abele”, ed una seconda parte di largo coinvolgimento degli spettatori invitati a vivere in prima persona la realtà manicomiale…che si scoprirà ha (purtroppo) tante coincidenze con la vita odierna. Giocando, in un crescendo di coinvolgimento ed emozione, si vedrà che allora – come adesso – gli esseri umani non erano considerati PERSONE!
Ascoli ribadisce più volte di non avere soluzioni pronte e precisa che il compito dell’Artista è di evidenziare problemi e nessi tra le diverse situazioni… invitando ad evitare semplificazioni e nel contempo a mettere al centro la necessità di ascoltare l’altro.
Su “C’era una volta…” sono stati scritti saggi (Teatro, Comunque” di Costanza Lanzara), redatte tesi e dottorati di ricerca, e negli anni si sono accumulate decine di recensioni critiche: ne riportiamo alcune per brevi cenni:
“Nel filmino sbiadito e traballante le larve umane che un tempo furono rinchiuse in quell’inferno: più terribile di un lager perché non riconducibile a un sia pur perverso disegno razzistico o politico, ma solo alla cecità assoluta verso la sofferenza dei malati. E questo è stato il primo merito di «C’era una volta… il manicomio». (…) La chiusura, emozionante, con gli spettatori disposti in cerchio a leggere i versi dei ricoverati. E quel cerchio è diventato, simbolicamente, il messaggio profondo trasmesso da Chille de la Balanza: la situazione odierna, purtroppo, non appare diversa, poiché, se è stato eliminato il manicomio, non è stato eliminato ciò che stava dietro il manicomio. Scontiamo, tutti, la stessa condizione che fu degli ex matti. I meccanismi di potere insiti nella società capitalistica ci privano del nostro «status» di persone e, dunque, della possibilità di stabilire un contatto vero e proficuo con gli altri. Siamo dei semplici numeri su un cartellino, appunto com’erano i ricoverati negli ospedali psichiatrici.”
Enrico Fiore
“C’era una volta…” è un vero e proprio viaggio che vive di vuoti, di silenzi, di assenze e di cose invisibili. Claudio Ascoli ha un compito arduo e coraggioso, è guida umana e poeta, stoico custode di memorie, umile voce di storie mai dette, di uomini e donne prigioniere.”
Claudia Vitale
“Ascoli è un fiume in piena: dati, ricordi, aneddoti, curiosità, ed ancora atrocità, mezzi di tortura, la vasca gelata in giardino per “calmare” gli “ospiti”, l’elettroshock, e gli scempi, i soprusi.”
Tommaso Chimenti
Deborah Machiavelli
“C’era una volta… il manicomio” è un pugno allo stomaco, uno spettacolo di vero e sincero teatro civile. Claudio Ascoli si è fatto così voce e corpo delle storie dimenticate che ancora risuonano in questi luoghi, scegliendo di raccontarli con la forza di un teatro che è soprattutto coinvolgimento e divertente ed emozionante affabulazione.”
“Le storie di ordinaria follia hanno un momento di straordinaria emozione quando l’attore legge lettere scritte da pazienti e mai spedite, raccolte negli anni ’70.”
Roberto Incerti
“Parla e non sembra che reciti tanto è convinto, mostra vecchi filmati, documenti d’antica follia, di incontri disperati, di violenze silenziose. Si resta turbati e si entra nel gioco che l’attore conduce con sapienza, alleggerendo la tensione e trasformando atroci verità in comprensibili menzogne. Si sorride amaro.”
Giulio Baffi
“Come ci ricorda l’Ascoli-Virgilio che ci guida in questo viaggio nei mondi della diversità, l’arte non è la vita, sta ad essa come il vino all’uva, come diceva Mejerchol’d. (…) I manicomi si son chiusi e la pazzia è passata alla società; non manca, infine, in una visione poetica e profetica, qualche cenno al domani che potrebbe (dovrebbe?) essere. Il tutto avviene in una forma teatrale che va dalla mera presentazione di dati, al racconto e all’affabulazione, con primi piani su casi particolari veri o verosimili.”
Luigi Paolillo
Percorso STORICO – ARCHITETTONICO – AMBIENTALE accessibile tramite QR Code
Galleria fotografica
Le fonti
Lo spettacolo, che si aggiorna e rinnova replica dopo replica, è partito dall’esame di documenti sulla storia dei manicomi in Italia e non solo. Si è arricchito nel tempo con l’incontro con testimoni diretti del superamento del manicomio: psichiatri, infermieri, matti, familiari.

Ricchissima l’iconografia e i materiali anche visivi raccolti nelle diverse realtà: dai primi giornalini stampati in ciclostile a Gorizia e Trieste, ai filmini in super8 girati nelle prime feste di timida apertura degli ospedali con il coinvolgimento dei cittadini.
La compagnia ha ormai un piccolo Museo della memoria dei diversi manicomi italiani.
Di particolare rilievo l’archivio della cosiddetta “Corrispondenza negata”, cioè di quelle lettere scritte dai “matti” e mai spedite, poiché tale diritto era loro negato, e tutt’al più conservate nelle cartelle cliniche. Queste lettere sono presenti in “C’era una volta…”, a seguito di una scelta per la composizione di ogni evento. E’ infatti importante sottolineare che non esiste un vero e proprio copione dello spettacolo: esso viene infatti re-inventato ogni volta, soprattutto in riferimento al pubblico che si va ad incontrare. In alcuni casi, ad esempio, si cerca di privilegiare il momento informativo, in altri (ove possibile) la partecipazione diretta di testimoni, in altri ancora il coinvolgimento-gioco per evitare una eccessiva crudeltà in cui si potrebbe cadere in presenza di argomenti e situazioni così invasive.
MemoriaEREDITA’
MemoriaEREDITA’ è il titolo del percorso di ricerca della compagnia nel triennio 2015-2017
“L’eredità non è l’appropriazione di una rendita, ma una riconquista sempre in corso. Ereditare coincide allora con l’esistere stesso, con la soggettivazione, mai compiuta una volta per tutte, della nostra esistenza.”
(M. Recalcati)
Nel 2016 la compagnia ha realizzato il percorso “E tu slegalo subito”, con stage – incontri – laboratori sul tema della necessità di abolire la contenzione, purtroppo riemersa all’interno dei reparti psichiatrici, e perdurante nelle case di riposo e negli altri luoghi di custodia.
Ha prodotto su argomenti inerenti la salute mentale due nuovi spettacoli:
- “Siete venuti a trovarmi?” di e con Matteo Pecorini che mette in scena un diario recentemente ritrovato di un paziente sansalvino degli anni ‘70. Una storia vera di una disarmante, tenera solitudine.
- “Non si raccontano barzellette sui matti” di e con Sissi Abbondanza, a partire dall’ incredibile storia di una delle Artiste de La Tinaia, l’importante Centro di attività espressive (pittura, scultura, ceramica) fondato 40 anni fa a San Salvi.
Per un approfondimento sulla storia della compagnia: clicca qui.
ALCUNI VIDEO
FRIULI
SU CASE MATTE – TOUR NEGLI EX-MANICOMI IN ITALIA
AD AVERSA
Il regista Claudio Ascoli con l’iniziativa Case Matte di Teatro periferico, riaccende i riflettori sulla struttura abbandonata – di Natascia Festa/Videoinformazioni
A L’AQUILA
A GENOVA
sono nata e cresciuta proprio vicino al manicomio di san salvi.
fino da piccola provavo una sorta di curiosità e attrazione per questi “matti”
che avevamo vicini nel quartiere ogni giorno, almeno quelli che potevano
uscire dalla stretta sorveglianza.
ho ricordi d’infanzia divertenti di questi “personaggi” che appartenevano senza alcun dubbio al mio mondo fantastico e che ne avvaloravano l’esistenza, almeno io la vedevo così.
sono passati molti anni, sono cambiate molte cose ,opinioni ,leggi, tempi e realtà.
ho ritrovato con gioia “matti” che non vedevo da anni nonostante ne conservassi il ricordo………essendo stati vicini di casa .
ho affermato spesso, scherzando con amici, che avrei voluto essere ospitata lì desiderando la libertà di vivere secondo la mia inclinazione creativa troppo difficile da trasformare in lavoro.
ho avuto anche la fortuna di avere incontrato un maestro intellettualmente vicino a me che mi ripaga del tempo in cui ho trascurato la mia inclinazione per scelta necessaria che non rimpiango.
mi incanta vederlo alle prese con questa “realtà” impossibile, ammiro il suo coraggio e costanza nel non arrendersi, mi fa divertire, e anche sperare…..
che si possa davvero lavorare divertendosi e divertirsi facendo il proprio “lavoro”!
Nara