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LO MALATO IMMAGGINARIO

dettaglio “La visita medica” Gaspare TRAVERSI – 1754-1756 ca.

una co-produzione
Chille de la balanza – Fondazione Ensemble Barocco Franco Michele Napolitano

Revisioni critiche e ricostruzione partiture di Dario Ascoli 

Regia di Claudio Ascoli

La morte di Molière lascia in eredità alla cultura europea un lascito costituito da quel patrimonio di letteratura per musica di cui gli intermezzi musicali, oggi per altro quasi dimenticati, sono autentici scrigni e dai quali musicisti e librettisti francesi prima, ma ben presto e con ben altra potenza espressiva, italiani avrebbero attinto dal secolo dei lumi, gettando un ideale ponte tra teatro settecentesco e Commedia dell’Arte.La figura di Pulcinella negli intermezzi di Molière musicati da Marc-Antoine Charpentier assume una valenza quasi premonitrice in ragione della vera e propria rivoluzione formale e stilistica che di lì a qualche decennio sarebbe stata operata dall’Intermezzo buffo napoletano.

Ecco che il viaggio da Parigi a Napoli, passando per Venezia e soggiornando a Firenze è ben più che una metafora che il regista, complice il revisore della partitura, intendono proporre; si tratta di un diario di viaggio lungo un mezzo secolo denso di stimoli e di germogli culturali.

“L’Ammalato Immaginario” è un triplo intermezzo buffo di Leonardo Vinci (Strongoli (KR), 1696 – Napoli, 27 maggio 1730) su libretto di Angelo Vocola, eseguito per la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 4 novembre 1726 tra i 4 atti dell’opera seria “L’Ernelinda”.

Prima di arrivare a Napoli si ha notizia del libretto di «“Erighetta e don Chilone, o sia L’Ammalato Immaginario” pubblicato a Firenze nel 1718 con il titolo “Intermezzo di Erighetta e D.Chilone | per il Drama| che si rappresenta in Firenze | Nel Teatro degl’Illustriss.SS. Accademici Immobili | posto in via della Pergola».

La derivazione da “Le malade imaginaire” di Molière (10 febbraio 1673), già posto in musica da Marc-Antoine Charpentier a Parigi appunto nel 1673, è esplicita e nell’opera francese troviamo «Precede Sinfonia di Corni da Caccia, e di Oboè, e si vede Arlecchino che conduce ballando, gran numero di Maschere, che di sotto i Portici, vengono a mettersi a sedere nel luogo del Festino, sono a tempo di suono messe a’ suoi posti dal medesimo Arlecchino Maestro di Sala, che forma un Ballo».

Il lavoro di ricerca e la nuova drammaturgia assumono una valenza speciale nel quarto centenario della nascita di Jean-Baptiste Poquelin detto Moliere.

Una copia manoscritta della partitura del Vinci è custodita nella Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, la si ritrova inserita tra gli atti di “L’Ernelinda”, pressoché priva di strumentazione e con il basso senza la consueta numerazione; la circostanza fa suppore si tratti di una copia ad uso dell’autore stesso, che, evidentemente, non sentiva alcun bisogno di esplicitare le armonie alle quali provvedeva egli stesso al cembalo.

Con tutta evidenza anche le linee degli archi, presenti sporadicamente, venivano estemporaneamente improvvisate da un quartetto di esperti strumentisti, a partire dalle linee del canto e del basso. La revisione realizzata ha strumentato le tre linee superiori degli archi, affidando anche alla viola una condotta quasi sempre indipendente e la scelta è stata in ogni caso quella di sostenere le linee vocali.

L’esecuzione degli intermezzi autonoma dall’opera seria per la quale erano stati composti, secondo una prassi che a partire dal 1752, anno dell’esplosione della Querelle des Bouffons, ha indotto a fare precedere il primo intermezzo da una sinfonia, anch’essa del Vinci, strumentandola alla maniera di una introduzione ad una festa in maschera con trombe e timpani.

Dovendo poi concedere respiro ai due solisti cantanti impegnati (soprano e basso) e consentire al mimo, Lesbino, di agire, nonché a Erighetta di attuare il travestimento, sono stati introdotti brani cantati, tutti dello stesso Leonardo Vinci, affidati al personaggio del paggio, una sorta di Cherubino ante litteram, adattabili a voci diverse.

Sono stati altresì ripristinati, ricostruendoli, l’aria di Erighetta “Certe smorfiosette” e il duetto “Maledetta la ricetta”; la prima riadattando “Vedovella afflitta e sola”, parodiata e strumentata in forma più brillante, il secondo partendo da un’aria da “Didone abbandonata”, del Vinci, ma che il copista Sigismondo annota essere “del Signor Orlandini.”

I brani strumentali, la Sinfonia di Vinci da Ernelinda, la Chaconne di Charpentier da “Le malade imaginaire” e una rielaborazione per violino/oboe e orchestra di “Tormentosa, crudel gelosia”, da “La Partenope” di Vinci, contribuiscono ad accompagnare i cambi scena dei tre intermezzi.

Spicca, nella prima sezione, la “Serenata di Pulcinella” di Charpentier su versi di Moliere.

L’organico strumentale impiegato ripropone una formazione ridotta come in uso al tempo per gli intermezzi, ovvero un quartetto d’archi con contrabbasso e un violino di raddoppio, tromba e timpani e basso continuo. L’occasione teatrale è data da un tentativo (non riuscito) di mettere in scena “Il malato immaginario di Molière, da cui prende vita il triplo intermezzo buffo in un viaggio tra Molière e Vinci, Charpentier e Scarlatti…tra Parigi e Napoli.