
Spettacolo LA PAURA MANGIA L’ANIMA – Laboratori permanenti
“La paura mangia l’anima” (o, letteralmente, “Paura mangiare tutta anima”) è intesa come una tragedia: due protagonisti e un coro, recitazione scarna, realistica, la lezione di Brecht irrinunciabile.
Fassbinder scrive “La paura mangia l’anima” subito dopo l’attentato alla rappresentanza israeliana da parte del gruppo terrorista palestinese Settembre nero durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972.
Il valore dell’intuizione del regista tedesco non risiede solo nell’aver smascherato l’ipocrisia tedesca di quel tempo, ma nell’aver saputo raccontare come sia nato quello che possiamo oggi definire post-razzismo.
Il post-razzismo, non solo tedesco ma europeo, fenomeno sociale purtroppo ancora attuale, trova le proprie ragioni in luoghi sociali ben definiti, semplici bar o – come ci mostra Fassbinder – su una rampa di scale dove un gruppo di donne delle pulizie, nei pochi minuti di pausa loro concessi, accusa tramite stereotipi e luoghi comuni ciò che considerano diverso, elevandolo a causa – ed effetto – della loro condizione precaria.
Ma nel tempo del coronavirus un altro tema di eccezionale attualità fa capolino tra le righe del testo, ed è il tema della distanza – distanziamento sociale, si direbbe oggi. Ali ed Emmi, lui extracomunitario, lei donna non più giovane e comunque molto più anziana di lui, sono due persone che, secondo una legge sociale non scritta ma “sacrosanta”, dovrebbero tenersi a distanza. Invece i due si incontrano, si cercano, si amano, si sposano addirittura, annullando – contro tutti i tabù – la distanza che la società vorrebbe imporre loro.
La società, i bravi cittadini, non rimangono a guardare, reagiscono. E lo fanno con la distanza, unica difesa immunitaria per la sola società che sembra loro possibile: una società impaurita, incapace di accettare i diversi. Li giudicano, li evitano, fanno di tutto per espellere questi due esseri umani così diversi, virus refrattari alla normalità, mettendo in atto una difesa immunitaria così forte che potrebbe causare la morte stessa della società “democratica”, che sembrano voler difendere. Il trauma del diverso viene superato solo nel momento in cui la convenienza “prende il posto del ribrezzo”, come dice uno dei personaggi.
Riproponiamo la sceneggiatura di “La paura mangia l’anima” come testo teatrale più che mai attuale, monito – come il film – a una società deviata dalla paura, società nella quale – come dice il titolo – la paura si nutre dell’anima stessa fino a divorarla.
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- Per partecipare: Biglietto intero 12 euro. Ridotto arci/coop 10 euro.