
Compagnia Chille de la balanza
Dialoghi di profughi
con Matteo Pecorini, Rosario Terrone
e con la partecipazione di Claudio Ascoli nel ruolo di Bertolt Brecht
Scrittura scenica
Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza
Scene
Sissi Abbondanza, Renato Esposito, Paolo Lauri
Esecuzione luci e suoni
Gabriele Ramazzotti
Musiche originali
Alessio Rinaldi
Voci
Helene Weigel: Vania Mattioli
Margarete Steffin: Chiara Zavattaro
Ruth Berlau: Beatrice Massaro
durata 1 ora
Si tratta di uno spettacolo di Claudio Ascoli, che ne firma la regia con Sissi Abbondanza, liberamente ispirato ad uno dei testi più divertenti e allo stesso tempo amari di Brecht: Dialoghi di profughi. Non sono un testo teatrale. Lo scrittore di drammi li scrisse negli anni Quaranta, durante il soggiorno in Finlandia nel 1940 dopo la fuga dalla Germania nazista.
“Il passaporto è la parte più nobile di un uomo. E difatti non è mica così semplice da fare come un uomo. Un essere umano lo si può fare dappertutto, nel modo più irresponsabile e senza una ragione valida; ma un passaporto, mai. In compenso il passaporto, quando è buono viene riconosciuto; invece un uomo può essere buono quanto vuole, non viene riconosciuto lo stesso.
I passaporti si fanno soprattutto per via dell’ordine. (…) La metta così: dove niente sta al posto giusto, c’è disordine. Dove al posto giusto non c’è niente, lì c’è ordine. L’ordine oggigiorno si ha soprattutto là dove non c’è niente. E’ un fenomeno di carenza”.
Ecco alcune frasi lapidarie, sorprendentemente attuali e amaramente divertenti – “una buona causa, dice Bertolt Brecht, la si può sempre esporre anche in modo divertente” – tratte dai “Dialoghi di profughi” che lo scrittore scrisse nel 1940-1941 negli anni del suo esilio in Finlandia, terza tappa dopo la Danimarca e la Svezia e prima degli Stati Uniti. Brecht aveva appena scritto Madre Coraggio, si trovava in un periodo di massima maturità e fecondità artistica.
I Chille hanno lavorato sui Dialoghi in un percorso di Laboratorio già nel 2018, prima di inventare nel 2019 un prodotto compiuto, completamente autonomo.
Lo spettacolo parte dall’arrivo ad Helsinki di Brecht (Claudio Ascoli) che porta con sé le voci e le presenze della sua famiglia allargata e delle sue donne: la moglie ad attrice Helene Weigel, la dolce collaboratrice e innamorata Margarete Steffin, e ancora Ruth Berlau, attrice e regista danese conosciuta a Copenaghen, ben presto sua appassionata amante.
Al ristorante della stazione, davanti a un boccale di birra, Brecht scrive senza sosta i Dialoghi di profughi. Ecco arrivare due giovani attori (Matteo Pecorini e Rosario Terrone): vengono da Copenaghen, dove hanno recitato Teste tonde e teste a punta, altra commedia brechtiana.

Foto C.Giaquinta
D’un tratto il ristorante si trasforma in Teatro e… prende vita per brevi frammenti e tante azioni il divertente dialogo tra lo scienziato-intellettuale Ziffel e l’operaio Kalle. Uno strano intellettuale e un non meno strano operaio. Nei dialoghi tra loro ogni tanto… appare Hitler, citato come l’Imbianchino o il Comediavolosichiama.
Come spesso gli accadeva, dopo averli abbozzati in grandi linee, Brecht non diede l’ultima mano ai Dialoghi né vi ritornò dopo. Furono pubblicati, incompiuti, solo dopo la sua morte nel 1962.
I Dialoghi, ad oggi uno dei testi brechtiani meno frequentati, sono anche un’amara e divertente riflessione su potere e populismo:
“Le dirò una cosa: il potere, il popolo se lo prende solo in caso di estrema necessità. Dipende dal fatto che gli uomini in generale pensano soltanto in caso di estrema necessità. Solo con l’acqua alla gola. La gente ha paura del caos. Ha sempre bisogno di ordine.”

Foto P.Lauri
Lo spettacolo dei Chille termina con una breve lezione-riflessione su “a cosa serve il Teatro?” e come possa favorire la “grande arte della convivenza”… , il tutto mentre la nave che sta portando Brecht in America è ferma al largo, in attesa che venga concesso il visto per poter approdare nella terra della libertà!